Gli autori si confrontano con il regista Franco Piavoli (1. Mattinata)*
Si è svolta stamani la prima giornata del Festival del Cinema organizzato dalla Fedic – Federazione Italiana dei Cineclub, qua a San Giovanni Valdarno nella cornice del Teatro Cinema Masaccio: l’evento, che ha preso luogo durante la mattinata, ha rappresentato un traguardo particolarmente significativo sia per la Federazione che per il festival stesso. E’ stata proiettata infatti una selezione delle opere di iscritti ai circoli di tutta Italia in un incontro esclusivo con uno dei maestri del cinema italiano. Il maestro in questione è Franco Piavoli, autore, documentaristico e di finzione, di una cinematografia fuori dal tempo e dallo spazio geografico, che si ricorda con i nomi dei capolavori “Il pianeta azzurro” (in concorso al Festival di Venezia del 1982), “Nostos – Il ritorno” (1989) e “Voci nel tempo” (1996), per quanto riguarda i suoi lungometraggi. L’intervento del regista è servito, oltre in quanto testimonianza eccezionale di una carriera nel cinema, come critico e consigliere speciale per le nuove proposte, in una tavola rotonda aperta non solo agli autori presenti, ma a tutto un pubblico interessato. Per cominciare è stato proiettato “Fango argentino” di Vincenzo Rosace, del cineclub Roma, ispirato al golpe e ai desaparecidos dell’Argentina del 1976. I filmati e le fotografie di repertorio vengono messe in contrappunto con la danza simbolo del paese, il tango, mentre echeggia in sottofondo la voce del drammaturgo Stefano Tassinari, accompagnato dal jazz di Paolo Fresu, che racconta vicende e testimonianze dell’epoca più buia della storia dell’Argentina. In questo caso, come in altri, l’intervento di Piavoli è più che incoraggiante, non solo nell’esaltazione delle qualità del video, ma anche nell’aiuto per la compiutezza formale del lavoro: “La ferocia dell’umanità è un problema antropologico che rimarrà per sempre irrisolto nella Storia e “Fango Argentino” è per questo uno studio e un contrasto interessante” afferma il regista di Pozzolengo, ma esorta Rosace a limare qua e là le eccedenze delle parti danzate, limitandole a un sottofondo musicale. Ancora dal Cineclub Roma, arriva “Boule de neige. Una nuova vita” di Andrea Natale, una storia vera di un’adozione di un bambino autistico: tra qualche ingenuità di percorso, il corto è valorizzato, sia da Piavoli che dal pubblico, dalla performance del piccolo attore. “La grande occasione” è quella del giovane Roberto Profeta dal Cineclub Giulio Cattivelli di Piacenza, che mette in scena il provino di una sedicenne per un importante ruolo hollywoodiano: l’esperienza si rivelerà un incubo, vero e proprio, per mano dell’agente/aguzzino interpretato da Nando Rabaglia, presente in sala, nella “personificazione di un personaggio altamente surreale”: thriller dei nostri tempi, lo spazio cinematografico è delimitato infatti dalla fantasia della protagonista, rimarcando comunque paure contemporanee.
Proseguendo la carrellata di corti analizzati da Piavoli, “Re di tutto Re di niente”, diretto da Lauro Crociani della Fedic di Chianciano Terme, è la trasposizione in epoca moderna dell’antica leggenda del Re infelice, oggi un imprenditore di successo eppure depresso: in una società che ha troppo, la salvezza si ritrova solo nell’amore per l’altro. Un lavoro di squadra, che incontra il supporto di Piavoli, il quale condivide l’indipendenza e il percorso autentico della realizzazione di un film tra amici appassionati. “Dalla storia al video” di Liliana Paganini del Cineclub Roma racconta il paese siciliano Caccamo attraverso il suo patrimonio naturalistico ma soprattutto attraverso la sua storia, segnata indelibilmente dall’omicidio mafioso del sindaco Salvatore Geraci: una sceneggiatura scritta insieme ai ragazzi di una scuola media locale, anche protagonisti del corto, per una presa di coscienza da parte delle nuove generazioni, come sottolineato da Piavoli. “Romantico moderno” dell’autore di Montecatini iscritto al locale Cineclub sangiovannese, Giovanni Possemato, con una lettera parlata e immaginata alla compagna, vuole essere una ristrutturazione della visione abituale, creando uno spiazzamento nello spettatore individuato anche dall’autorevole moderatore. Infine, l’opera che ha riscosso più consensi, sia dall’ospite d’onore che dagli spettatori, è “L’impero” del giovanissimo Alberto Baroni del Cineclub di Brescia: una distorsione metafisica tra immagini e suoni, tra colore e bianco e nero, tra Bela Tarr e Andreï Tarkovski, in una riflessione ispirata da Lao Tsu e risolta in una cinematografia d’avanguardia di raccordi musicali e campi lunghissimi. A Baroni viene evidenziata un’enigmaticità di troppo, seppur intrigante. Tra gli altri corti proiettati, ma senza rapprentanza in sala, sono stati selezionati nell’ambito riservato alla Fedic: “Le ultime luci dell’anno” di Francalisa Iannucci del Cineclub Cagliari, sulla vita dei venditori ambulanti nell’ultimo giorno dell’anno; “Donne” di Lorenzo Caravello del Gruppo Cineamatori di Massa Carrara, su una nonna del tutto particolare che per amore della nipote arriverà a organizzare un flash mob contro ogni femminicidio; e ultimo ma non per importanza, “Cuore di pezza” di Massimo Alborghetti di Bergamo su un ventriloco e il suo rapporto dolce-amaro con la figlia adulta. Lo Spazio Fedic ritagliato a Valdarno ha rappresentato e, speriamo rappresenterà anche in futuro, un incontro fondamentale e prezioso in cui ogni cineasta ha la possibiltà di confrontarsi con un grande regista italiano, con gli altri iscritti alla Fedic, con il pubblico ma soprattutto con se stessi.
Giulia Marras